CURLING ITALIA

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Quell’anello al dito dei campioni del mondo

L’anello del Mondiale di curling è sempre stato un oggetto unico, mitico quasi sacro. Pochi al mondo hanno il privilegio di poterlo esibire perché sta a rappresentare che in qualche modo chi lo indossa ha scritto la storia di questo sport. Ma non tutti sanno di questo premio e per potervelo raccontare chi vi scrive ha trovato le sue difficoltà. Non avevo dimenticato di aver visto questo anello al dito del tecnico Dan Rafael e quindi lui poteva essere il mio primo riferimento per addentrarmi in questa ricerca. Dan si è prestato gentilmente raccontandomi quello che sapeva ma consigliandomi di contattare Keith Wendorf che, come rappresentante WCF, poteva darmi maggiori informazioni. Quindi grazie al contributo di Wendorf ho potuto ricostruire la storia dell’anello. La scelta di assegnare anche questo premio ai 5 giocatori + il coach venne presa dallo sponsor Air Canada che dal 1968, con il Mondiale uomini di Pointe Claire (in Québec) garantì la copertura economica alla manifestazione che ovviamente prese il nome di Air Canada Silver Broom. Passarono ancora molti anni però prima che venisse assegnato il primo anello. Presumo con l’edizione del Mondiale uomini a Winnipeg nel 1978. I primi vincitori furono il team degli Stati Uniti con lo skip Bob Nichols. Per le donne l’attesa fu anche più lunga in quanto i primi 3 Mondiali al femminile non furono giocati in Canada (1979-1980-1981) ma a Perth in Scozia. E anche per il 1982 furono assegnati in Svizzera a Ginevra. Per scelta dello sponsor gli anelli erano in premio solo nei Mondiali giocati in Canada. La prima assegnazione dell’anello per il femminile avvenne quindi solo nel 1983 con i Mondiali donne giocati a Moose Jaw (Saskatchewan) e a vincerlo fu una squadra Svizzera di Berna con la skip Erika Muller. Ma purtroppo nel 1985 Air Canada lasciò la sponsorizzazione e l’anello non fu più assegnato. Per ritornare a questa tradizione si dovrà attendere sino al 1995 quando come sponsor arrivò la Ford Company Motor che insieme a WCF decise di ricreare i campioni del mondo con l’anello. Questa del 95 era l’edizione di Brandon (Manitoba) ed i vincitori del mondiale erano di Winnipeg con un team formato da Kerry Burtnyk, Jeff Ryan, Rob Meakin e Keith Fenton. E la storia continua sino alla importante novità del 2009 quando WCF decise di assegnare l’anello anche nei Mondiali giocati fuori dal Canada. Ed è stato proprio in quel Mondiale donne, giocato in Corea, che Dan Rafael, vincendo con la Cina di Wang Bingyu, ottenne il privilegio di indossarlo al dito. Purtroppo la storia dell’anello si è conclusa quest’anno in occasione dell’ultimo Mondiale uomini giocato a Pechino. Sinceramente ho sperato che la WCF avesse un ripensamento in merito ma così non è stato. Sapevo che, con il contributo dello sponsor Edox, la WCF era intenzionata a sostituire l’anello con un orologio ovviamente svizzero di marca Edox. Con la speranza che questa scelta non fosse stata attuata ho sentito Christoffer Svae, giocatore della Norvegia, che purtroppo ha confermato scrivendomi “that’s right, we got watches from Edox”.

Aggiornamento: Eccolo il famoso orologio (qui nella versione da donna).

EDOX vinto al mondiale

Ontario Curling Association contro il resto del Canada

Mentre le medaglie d’oro stanno per salire sull’aereo per tornare a casa il curling in Canada è in fermento. A raccontarla meglio è corretto dire che una situazione difficile è già in atto dal giugno dello scorso anno. Proprio nel giugno 2013 durante l’assemblea nazionale del consiglio di amministrazione CCA (Canadian Curling Association) erano emersi forti incomprensioni tra il direttivo CCA e l’Ontario Curling Association (OCA). Ma subito nulla è trapelato. Anzi in una conferenza stampa il Chef Executive Officer di CCA Greg Stremlaw ha recitato al meglio la sua parte informando la stampa che la riunione era stata, come sempre, utile costruttiva e di alta strategia su piani per un grande sviluppo del curling canadese. Di tutto quello che ha recitato alla stampa l’unica cosa certa era la nomina del nuovo Presidente dei Governatori di dirigenza per il 2013-2014, Hugh Avery di Halifax. Quello che invece è realmente accaduto è poi stato reso noto da una gola profonda presente alla riunione. Si veniva così a sapere che i rappresentanti dell’Ontario (OCA) hanno avuto molte divergenze con il resto della Canadian Association. Per questa ragione OCA era stata dichiarata non in regola per far parte del CCA. Se questo reintegro non dovesse avvenire comporterebbe il mancato finanziamento da parte di CCA ai programmi di sviluppo delle attività nazionali di OCA ma anche ovviamente la non iscrizione di tutte le squadre dell’Ontario ai campionati provinciali e nazionali. Quando si parla del curling in Ontario si parla di una realtà importante dai grandi numeri. I tesserati sono circa 55mila per 200 club e 800 piste per il gioco. Ma in OCA non sono uniti in un fronte unico contro CCA. Proprio in ottobre un gruppo di tesserati ha chiesto una riunione con il Presidente OCA Ian McGillis. Tra le rimostranze portate a questa riunione sicuramente la più forte era quella di dimettere il direttore esecutivo Doug Bakes in carica ormai da 13 anni. Per tutta risposta il presidente OCA in dicembre ha riconfermato Bakes sino al giugno 2014. Poi rimarrà in OCA come consulente sino a fine anno. E così in questi giorni un gruppo spontaneo di tesserati a OCA ha creato una sottoscrizione in Internet per raccogliere le firme che chiedono al Presidente OCA Ian McGillis di cessare le ostilità contro CCA e di procedere al più presto al reintegro di OCA nella Canadian Curling Association. Dal canto suo CCA vuole attendere sino a metà marzo per decidere se rendere ufficiali e definitivi i provvedimenti contro Ontario Curling Association.

Aggiornamento:
Secondo più fonti, il presidente del OCA, Ian McGillis, ha inviato una lettera al CCA la scorsa notte. Una lettera di scuse per le dichiarazioni che lo stesso presidente aveva fatto e ritenute diffamatorie da CCA. Forse la medaglia olimpica che porterà da Sochi la squadra dell’Ontario di Brad Jacobs può aver indotto il Presidente OCA verso più ragionevoli prese di posizione. Una medaglia d’oro cambia tante cose ed eventualmente doversi dimettere con un titolo olimpico nella propria associazione non sarebbe di certo una mossa astuta.
Dal canto suo la risposta della CCA non si è fatta attendere ed è già arrivata sabato. La CCA informa Ian McGillis che la riunione fissata per il giorno 11 marzo, per prendere provvedimenti contro OCA, è stata annullata. Si lavora, si spera, per il chiarimento e per la riconciliazione.

 

CCA

CCA

Bravo il team Canada ma non facciamo paragoni

Nulla da dire questa medaglia d’oro del Canada donne è stata sicuramente meritata. La squadra era forte ed ha saputo gestire bene la pressione e le attese per questo risultato. E mettiamoci poi anche il vissuto personale con la Jones operata ad un ginocchio con la seria preoccupazione se sarebbe stata in grado di riprendere gli allenamenti con la sua squadra di curling. E poi ancora la maternità e tutto quello che ne comporta. Una splendida bambina che si chiama Elisabetta, e che oggi ha 15 mesi, la sta attendendo a casa a Winnipeg e non vede l’ora di festeggiare la sua mamma campionessa vincitrice. E tutto questo è storia recente. Ma il passato e quello che è accaduto in passato hanno drasticamente cambiato il modo di vedere Jennifer jones agli occhi dei suoi fans di allora. Per raccontare i fatti bisogna tornare al 2005 quando la squadra era formata dalla Jones come skip, da Chathy Overton Clapham come third, dalla second Jill Officer e come lead Jennifer Clark Roure. Ad allenare questo gruppo straordinario di Winnipeg c’era Janet Arnott che come giocatrice vinse, partecipando ai Mondiali del 1984, 92, e 95, qualcosa come 1 oro, 1 argento e un bronzo. La nuova squadra di Jennifer volava alto e nel primo Mondiale insieme arrivarono quarte in classifica. L’occasione seguente si presentò nel 2008 a Vernon (B.Columbia) e fu titolo Mondiale. Anche nell’anno seguente fu sempre questa squadra a rappresentare il Mondiale per il Canada ed ancora quarti in classifica. La fine del 2009 fu di certo un anno difficile per il gruppo che, preparato per arrivare all’Olimpiade di Vancouver, si dovette arrendere alla bravura della squadra avversaria di Cheryl Bernard. Dopo l’Olimpiade, in aprile, il team di Jennifer Jones ottenne ancora il diritto di giocare il Mondiale ma, alla fine, il terzo posto conquistato creò pesanti malumori nel gruppo. Fu in quella circostanza che tornando a Winnipeg il gruppo decise di organizzare una riunione per pianificare i progetti del futuro. Ma le riunioni che determinavano le sorti ed il futuro del gruppo si erano già svolte, senza invitare Chathy Overton. In quelle occasioni la Jones e la Jill Officer presero la pesante decisione di escludere dalla squadra proprio Chathy Overton. Quando ci fu la riunione il clima non era di certo sereno anche perché nel frattempo di questa decisione era in qualche modo già stata informata la stampa. Fu qualche giornalista a mettere in guardia Chathy su quello che stava accadendo. Di questo particolare momento ci sono solamente le interviste di quei giorni rilasciate da Cathy che ricordava di aver trovato alla riunione una situazione veramente imbarazzante con delle persone con cui avevi condiviso per anni viaggi, speranze, impegni e sacrifici ma soprattutto amicizia che in quel momento cercavano di parlare di nuove logiche di squadra senza trovare il coraggio di guardarti negli occhi. E così Chathy Overton lasciò suo malgrado il team e seguirono il suo stesso destino anche Dawn Askin e l’allenatore Jarnett Arnott. Il posto e ruolo delle uscenti fu immediatamente rimpiazzato con delle giovanissime promesse junior, Kaitlyn Lawes e Dawn McEwen, che iniziarono questa nuova avventura con il team Jennifer Jones. Oggi è il giorno della medaglia d’oro di Sochi e onore al merito. Ma in troppi hanno già scritto e affiancato il nome della Jones a quello della mitica Sandra Schmirler. Ed è proprio questo che fatico a sopportare. Sandra Schmirler è stata una grande dentro e fuori dal ghiaccio. Una persona attenta e impegnata in una infinità di iniziative umanitarie. Tanta attenzione per i più deboli e tante iniziative a scopo benefico per trovare delle soluzioni con la medicina e con l’assistenza. Purtroppo Sandra Schmirler è venuta a mancare molto prematuramente a soli 36 anni per un male incurabile. Ma con il suo spirito le Fondazioni per la raccolta di fondi continuano ad esistere. Sandra in pochi anni di vita ha lasciato ai canadesi un messaggio importante di partecipazione e di solidarietà. Poi sì nel curling ha avuto anche il privilegio di disputare l’Olimpiade di Nagano nel 98, dove il curling era ancora una specialità dimostrativa e non ufficialmente inserita nei programmi di gare. Comunque sia, per il team di Sandra Schmirler a Nagano è stato oro davanti alla Danimarca e alla Svezia. Il confronto è, e deve restare, tutto qui. A Sochi il tecnico allenatore di questa squadra è stata Jarnett Arnott che dopo quel 2010 ha accettato di ritornare a lavorare con questo team. Qualcosa quindi di quella squadra di allora è ritornato a giocare e a vincere.

Il mago del ghiaccio per il curling al Ice Cube di Sochi

Nel torneo olimpico di Sochi tutto funziona per il meglio e nessuno degli atleti in gara ha avuto da dire in merito al ghiaccio. Ghiaccio che ricordiamo, ai tanti che solo in questi giorni scoprono il curling, è determinante per questo sport. Per diventare un ice maker di livello ci vogliono tantissimi anni di esperienza e comunque bisogna essere dotati di una immensa sensibilità. Siamo praticamente alla perfezione pura di quelle che sono le condizioni tecnico-fisiche ideali del ghiaccio dedicato al curling. E a Sochi chi è l’artefice di tutto questo? Si chiama Hans Wuthrich canadese di Gimli (Manitoba). Ovviamente in un evento così importante come le Olimpiadi a lui è stato affiancato un assistente di altrettanto livello, Eric Montford di Winnipeg. Da un mese, per 15 ore al giorno, questi super esperti del ghiaccio hanno prima preparato la pista e poi a cose fatte non hanno mai smesso di monitorare la condizione del ghiaccio che, in questi giorni di caldo esterno a Sochi, ha di certo creato le sue problematiche. Hans Wuthrich è sicuramente il numero uno al mondo e da molti anni la Federazione Mondiale gli ha conferito l’incarico di essere lui a gestire il ghiaccio per un evento Olimpico. Così era anche stato per l’edizione di Vancouver del 2010 ed in quella occasione il suo assistente era Dave Merklinger, altro mago del ghiaccio.
E’ anche doveroso ricordare che la Federazione Mondiale ha riconosciuto ad Hans il premio “Award of Achievement” che è il riconoscimento più alto che un tecnico del ghiaccio al mondo possa ricevere.

 

Eric Montford a sinistra, Hans Wuthrich a destra

Eric Montford a sinistra,
Hans Wuthrich a destra

Se la Russia avesse giocato con la Privivkova

In queste ore è inevitabile che in casa Russia dopo la mancata qualificazione nel femminile ci si domandi se tutte le scelte fatte siano state quelle giuste. Per chi non ha un lungo rapporto con il mondo del curling è bene fare un passo indietro per raccontare quello che è accaduto. Da un decennio abbondante la squadra russa era nata è cresciuta a livello internazionale con due figure determinanti. L’allenatore della squadra era da sempre Olga Andrianova e il gruppo femminile sul ghiaccio aveva come skip Liudmila Privivkova. Questo gruppo aveva conquistato il diritto di partecipare alle Olimpiadi del 2006 a Torino e a quelle del 2010 a Vancouver. Senza dimenticare che, proprio nel 2006, questa squadra era arrivata a conquistare anche il titolo Europeo. Ma veniamo a Sochi ricordando che la dirigenza della Federazione di Russia nel periodo di preparazione a questi giochi, volendo a tutti i costi arrivare a medaglia, ha preso delle decisione estreme. La prima in assoluto è stata, nel 2011, l’allontanamento del tecnico Olga Andrianova e poi di recente, estate 2013, l’esclusione dal team della Privivkova che nel frattempo era stata collocata nel ruolo in squadra di third.
Il nuovo tecnico arrivato con la missione di conquistare una medaglia è il tecnico svizzero Thomas Lips assunto a questo incarico dopo aver conseguito, come allenatore della Svizzera di Miriam Ott, il Mondiale 2012. Queste scelte hanno fatto parlare non poco tutto il mondo del curling. Oggi siamo arrivati alla conclusione del ciclo olimpico e la Russia ha mancato l’obiettivo.
Nelle interviste in queste ore, ufficialmente la Russia non fa drammi. Ha parlato per la Federazione di Russia la Vice Presidente Olga Zharkova dicendo che: “va bene così, con un po’ più di fortuna forse la femminile poteva accedere alle semifinali”. Ha parlato anche il tecnico Thomas Lips dichiarando: “Il mio contratto è in scadenza a fine febbraio. Se la Federazione russa lo vorrà sono a disposizione per seguire questa squadra anche al prossimo Mondiale.” Insomma tutti molto abbottonati, come consuetudine per la Russia i panni sporchi si lavano in casa. Ma a parte le comprensibile aspettative quanto fatto in passato ad una Olimpiade dal gruppo storico Andrianova – Privivkova non è di certo meglio di quanto visto in questa edizione di Sochi.
Nel 2006 a Torino la Russia donne non era oltre il 5º posto in classifica e non possiamo dimenticare che hanno perso anche la gara contro la nostra Italia di Diana Gaspari (6-4). A Vancouver nel 2010 la squadra era andata anche peggio con un nono piazzamento in classifica. Difficile quindi pensare che a Sochi le escluse Andrianova – Privivkova potessero fare meglio.

 

E' stata determinante l'assenza della Privivkova per lo stop della Russia?

E’ stata determinante l’assenza della Privivkova per lo stop della Russia?

L’aria che respira Marco Constantini a Sochi

Marco Constantini è a Sochi impegnato nella gestione dei risultati e delle statistiche del Torneo di curling ecco quello che ci descrive:
Vi racconto come si svolge il tutto qui a Sochi.
La ferrovia è praticamente a 200 mt dall’ingresso del parco olimpico e tutto il pubblico arriva con il treno.
C’è un’unico enorme ingresso per gli spettatori dove (ma è così anche per noi) le persone vengono controllate uno ad uno. Hanno in uso lo scanner per i zaini e borse.C’è una buona sorveglianza ed il tutto è tenuto sotto controllo dalle numerosissime telecamere.
Tutti gli stadi sono uno vicino all’altro. Ovviamente è molto comodo per tutti gli spettatori dei vari sport del ghiaccio. Dall’ingresso del parco olimpico ci vogliono 20 minuti a piedi per raggiungere gli stadi. Per chi ha problemi a muoversi c’è anche un servizio con le macchinine elettriche guidate dai volontari. Strada facendo si trovano le locations degli sponsor con qualche show. Immancabile la vendita dei prodotti di abbigliamento e non solo “Bosco” (sponsor che figura sulle divise della Nazionale di Russia). Per i collezionisti di pins devo dire che per il momento non c’è nulla e non ci sono posters della manifestazione. Ovviamente tutti li chiedono… Ci sono degli spazi ENORMI ed enorme è la medal plaza dove la sera vengono fatte le premiazioni e i concerti; il tutto molto semplice e ben lontano dalle memorabili serate di premiazione alle Olimpiadi di Torino. Il fuoco olimpico arde alle spalle della Medal Plaza. Sotto la stessa c’è una enorme fontana con giochi di acqua e musica. A piedi raggiungi il villaggio degli atleti (situato fronte mare e costituito da case indipendenti) e il Media Press Centre.
A parer mio, durante il percorso e prima di arrivare all’interno degli stadi, si ha la sensazione di essere in un parco dei divertimenti e non ad una Olimpiade.
Gazebo di ristori e un tendone della coca cola rifocillano il pubblico.
A risentirci.
Marco

 

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Sochi 2014: Come i media coprono l’evento e come i russi coprono i media

Iniziate a Sochi le gare olimpiche e l’attenzione del mondo è giustamente rivolta ai risultati sportivi. Ma allo stesso momento è in atto una olimpiade parallela fatta di controlli sicurezza e anche di censura e schedatura. Sono certo che con questo articolo andrò ad anticipare un tema, e altrettante tematiche su autorevoli tavole rotonde del futuro, in merito alla libertà di comunicazione. Anche un evento Olimpico può essere usato dal sistema di sicurezza russo per realizzare su ogni giornalista o agenzia di stampa un passaporto che può, per una futura richiesta del visto in Russia, diventare una banca dati per eventualmente respingere la richiesta di ingresso in questo paese. Credetemi la cosa è grossa e inevitabilmente condizionerà il lavoro dei media. Dal punto di vista dell’ufficialità, per il governo russo tutto è in regola in quanto nel mese di ottobre 2013 il primo ministro Medvedev ha firmato un decreto che impone un totale controllo su tutti i cellulari e su pc per atleti, tecnici, accompagnatori e anche membri di tutto il Comitato Olimpico e Paralimpico così come per tutta la commissione doping. Il decreto in questione parla poi di “particolari” soggetti che richiederanno più attenzione come le agenzie straniere di stampa e i giornalisti e fotografi accreditati. Quanto prospettato da questo decreto, pubblicato poi il 13 novembre sul giornale di partito Rossiiskaya Gazzett, ha ricevuto anche una replica dall’occidente scritta dalla giornalista russa Irina Borogan (che insieme al suo collega Andrei Soldatov parlano spesso di questi problemi in Russia sulla privacy e sulla libertà di stampa nel loro sito Angetura.ru). Irina Borogan quanto aveva da scrivere l’ha pubblicato in ottobre sul Guardian di Londra. Come risposta la Russia ha replicato con un articolo su La Voce di Russia (in lingua inglese) in cui dice che questi controlli sull’uso del telefono e sui pc e reti WiFi sono attuati per migliorare la sicurezza del giornalista stesso. Quindi non hanno negato che il controllo esiste. Ogni tipo di informazione verrà inserita in una banca dati appositamente realizzata e gestita dalla SORM che è il servizio di sicurezza nazionale insieme alla FSI. Tutto non terminerà con le Olimpiadi ma i dati verranno raccolti ed elaborati nei 3 anni a venire. Ad ogni scheda risulterà il nome del giornalista, con chi ha avuto contatti, per quanto tempo, con quale costo di internet sostenuto e chissà che altro ancora. La classica abitudine del giornalismo anglosassone di lavorare con l’aiuto di fonti per le notizie diventerà difficile. Impossibile mantenere e garantire l’anonimato della fonte. Peggio ancora se si volesse spaziare in ambito extra sportivo per voler incontrare persone legate ai movimenti di contestazione. In controtendenza con i problemi mondiali sull’occupazione pare che per la gestione di questo controllo, i controllori hanno dovuto assumere un buon numero di hacker occidentali per comprendere sempre, oltre alla lingua, anche particolari modalità di scrittura e sistemi di applicazioni poco usati in Russia. Non stupitevi quindi se qualcosa da voi visto in TV vi sembrerà degno di critica ma, al contrario, i giornalisti minimizzeranno o peggio ignoreranno l’accaduto. A Sochi possono coprire il ruolo di turisti-osservatori ma devono dimenticarsi di essere dei professionisti della comunicazione.

Sochi 2014: Kilt vietato

La notizia è bizzarra ma è stata riportata da molti giornali inglesi. Difficile, quasi impossibile, verificare quanto sia veritiera ma ha trovato sostegno con l’immensa critica internazionale sollevata dalle leggi russe contro l’omosessualità. Sembrerebbe quindi che il Governo russo abbia da tempo comunicato al Comitato Olimpico che non potrà approvare che degli atleti uomini, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi, possano sfilare con il gonnellino. La legge in tal senso in Russia parla chiaro imponendo il divieto di manifestare pubblicamente in forma di travestimento per gli uomini. Questa attenzione preventiva sull’abbigliamento è stata imposta per evitare che gli atleti scozzesi, con il kilt, ma anche gli atleti delle isole Fiji e di Samoa, con il lava-lava, avessero in mente di sfilare a Sochi indossando questo elemento della loro cultura.

Dopo Las Vegas il curling è pronto al cambiamento

Con le gare di domenica la Continental Cup a Las Vegas è terminata. Per la cronaca ha vinto il Team Nord America con 35 punti contro i 25 conquistati dal Team Resto del Mondo. Ma non è questo l’aspetto interessante che emerge dal dopo Las Vegas. Il grande successo televisivo, ma in particolare di pubblico presente all’Arena Casinò Orleans, chiedono alla World Curling Federation di dedicare una profonda riflessione sul futuro del curling. Con 51.215 presenze, dal giovedì 16 alla domenica 19, è stato battuto il record storico che apparteneva ad una competizione di curling del 2004 a Medicin Hat (42.317), e non parliamo solo di un confronto con altre Continental Cup ma anche di Mondiali, Brier e Olimpiadi. A Las Vegas il curling è stato portato e presentato con il consueto alone di tradizionalità ma tutto intorno lo stile e l’immagine dello show e del divertimento di Las Vegas hanno inevitabilmente preso il sopravvento. Oggi Warren Hansen, responsabile della gestione dell’evento per la Canadian Curling Association, gongola nelle interviste rilasciate a tutti i giornali americani. Hansen non nasconde la sua grande soddisfazione per come è stata apprezzata questa edizione della Continental Cup dichiarando da subito che si ritornerà presto a giocare da queste parti. Per la prossima edizione 2015 è ormai sicuro il ritorno della Continental in Canada e precisamente a Calgary, adesso su questa scelta in molti, se potessero, avrebbero un ripensamento. Per di più, sei settimane dopo la Continental Cup, sempre a Calgary, si giocherà il Brier e forse 2 eventi così importanti sembrano troppi. Ma così ormai è stato deciso e si pensa già al 2016 per riportare il curling della Continental nelle capitali del gioco e delle scommesse. Potrebbe essere nuovamente Las Vegas ma ci sono particolari insistenze per portarla a Reno o a Tucson dove è stata costruita una nuova Arena con 9 mila posti pronta ad ospitare questo evento. Anche nella formula si vocifera che l’organizzazione, sempre per il 2016, stia immaginando di non invitare più, come squadra avversaria del Team Nord America, atleti europei ma vorrebbe chiamare alla Continental un gruppo composto solo da asiatici (Cina, Giappone, Corea del Sud). Anche su questo aspetto pare evidente come nelle scelte debba necessariamente prevalere l’interesse economico. Sì il curling è una bella cosa ma una società, sponsor di questo evento, come la Financial Group adesso vede ben altro. Se subentrano interessi di mercato economico l’Europa non può certo competere. Teniamoci strette le cornamuse.

Olimpiadi in TV qualcosa e non per tutti

Mancano poco più di 24 giorni all’inaugurazione delle Giochi Olimpici di Sochi 2014. Per gli appassionati italiani di curling non è una attesa particolarmente stressante perché sappiamo bene che l’Italia non ci sarà. Come sportivi però siamo come tutti molto interessati a seguire anche le altre discipline ma, cosa già avvenuta per Vancouver 2010, la televisione pubblica ha preferito rinunciare a questo servizio. Le ragioni sono risapute. Una richiesta di soldi esorbitante da parte del Comitato Olimpico che ha visto disponibile all’acquisto dei diritti Sky e non la nostra televisione di Stato. E dire che con la legge 8/99 dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, appunto nel 1999, si andava definire il diritto alla visione di questo evento. Però nel 2012 alla legge citata veniva apportata una modifica che permetteva ad aziende private di acquistare i diritti garantendo comunque alla RAI un pacchetto di 100 ore per offrire in chiaro a tutti almeno parte dell’evento Olimpico. Ma anche a questa seconda modifica di legge nel frattempo la nostra amata politica ha pensato bene di apportare ancora qualche ulteriore delega alla legge. Anche queste 100 ore di libero servizio non necessariamente devono essere ad appannaggio della Televisione di Stato ma eventualmente anche queste ad una televisione privata che abbia però almeno 80% di copertura del territorio nazionale. Nei mesi scorsi Sky ha quindi potuto aprire dei tavoli di trattativa commerciale per la vendita di queste 100 ore. In un primo momento per le reti Mediaset aveva dimostrato interesse Italia Uno che ha però preferito, all’ultimo, rinunciare. Il risultato finale sarà quindi una Olimpiade Invernale totalmente gestita da Sky con tutte le dirette e le 100 ore in chiaro sul suo canale Cielo. Alla Rai solo brevi sintesi degli eventi fondamentali trasmessi dalle ore 23 alle 24. In tutta la vicenda non ritengo che si debba dare un giudizio negativo verso queste televisioni private che fanno semplicemente il loro mestiere ma al Comitato Olimpico a mio avviso colpevole di organizzare un evento sociale mondiale per tutti per poi venderlo a caro prezzo alla visione di pochi.