CURLING ITALIA

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Il mago del ghiaccio per il curling al Ice Cube di Sochi

Nel torneo olimpico di Sochi tutto funziona per il meglio e nessuno degli atleti in gara ha avuto da dire in merito al ghiaccio. Ghiaccio che ricordiamo, ai tanti che solo in questi giorni scoprono il curling, è determinante per questo sport. Per diventare un ice maker di livello ci vogliono tantissimi anni di esperienza e comunque bisogna essere dotati di una immensa sensibilità. Siamo praticamente alla perfezione pura di quelle che sono le condizioni tecnico-fisiche ideali del ghiaccio dedicato al curling. E a Sochi chi è l’artefice di tutto questo? Si chiama Hans Wuthrich canadese di Gimli (Manitoba). Ovviamente in un evento così importante come le Olimpiadi a lui è stato affiancato un assistente di altrettanto livello, Eric Montford di Winnipeg. Da un mese, per 15 ore al giorno, questi super esperti del ghiaccio hanno prima preparato la pista e poi a cose fatte non hanno mai smesso di monitorare la condizione del ghiaccio che, in questi giorni di caldo esterno a Sochi, ha di certo creato le sue problematiche. Hans Wuthrich è sicuramente il numero uno al mondo e da molti anni la Federazione Mondiale gli ha conferito l’incarico di essere lui a gestire il ghiaccio per un evento Olimpico. Così era anche stato per l’edizione di Vancouver del 2010 ed in quella occasione il suo assistente era Dave Merklinger, altro mago del ghiaccio.
E’ anche doveroso ricordare che la Federazione Mondiale ha riconosciuto ad Hans il premio “Award of Achievement” che è il riconoscimento più alto che un tecnico del ghiaccio al mondo possa ricevere.

 

Eric Montford a sinistra, Hans Wuthrich a destra

Eric Montford a sinistra,
Hans Wuthrich a destra

L’aria che respira Marco Constantini a Sochi

Marco Constantini è a Sochi impegnato nella gestione dei risultati e delle statistiche del Torneo di curling ecco quello che ci descrive:
Vi racconto come si svolge il tutto qui a Sochi.
La ferrovia è praticamente a 200 mt dall’ingresso del parco olimpico e tutto il pubblico arriva con il treno.
C’è un’unico enorme ingresso per gli spettatori dove (ma è così anche per noi) le persone vengono controllate uno ad uno. Hanno in uso lo scanner per i zaini e borse.C’è una buona sorveglianza ed il tutto è tenuto sotto controllo dalle numerosissime telecamere.
Tutti gli stadi sono uno vicino all’altro. Ovviamente è molto comodo per tutti gli spettatori dei vari sport del ghiaccio. Dall’ingresso del parco olimpico ci vogliono 20 minuti a piedi per raggiungere gli stadi. Per chi ha problemi a muoversi c’è anche un servizio con le macchinine elettriche guidate dai volontari. Strada facendo si trovano le locations degli sponsor con qualche show. Immancabile la vendita dei prodotti di abbigliamento e non solo “Bosco” (sponsor che figura sulle divise della Nazionale di Russia). Per i collezionisti di pins devo dire che per il momento non c’è nulla e non ci sono posters della manifestazione. Ovviamente tutti li chiedono… Ci sono degli spazi ENORMI ed enorme è la medal plaza dove la sera vengono fatte le premiazioni e i concerti; il tutto molto semplice e ben lontano dalle memorabili serate di premiazione alle Olimpiadi di Torino. Il fuoco olimpico arde alle spalle della Medal Plaza. Sotto la stessa c’è una enorme fontana con giochi di acqua e musica. A piedi raggiungi il villaggio degli atleti (situato fronte mare e costituito da case indipendenti) e il Media Press Centre.
A parer mio, durante il percorso e prima di arrivare all’interno degli stadi, si ha la sensazione di essere in un parco dei divertimenti e non ad una Olimpiade.
Gazebo di ristori e un tendone della coca cola rifocillano il pubblico.
A risentirci.
Marco

 

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Sochi 2014: Come i media coprono l’evento e come i russi coprono i media

Iniziate a Sochi le gare olimpiche e l’attenzione del mondo è giustamente rivolta ai risultati sportivi. Ma allo stesso momento è in atto una olimpiade parallela fatta di controlli sicurezza e anche di censura e schedatura. Sono certo che con questo articolo andrò ad anticipare un tema, e altrettante tematiche su autorevoli tavole rotonde del futuro, in merito alla libertà di comunicazione. Anche un evento Olimpico può essere usato dal sistema di sicurezza russo per realizzare su ogni giornalista o agenzia di stampa un passaporto che può, per una futura richiesta del visto in Russia, diventare una banca dati per eventualmente respingere la richiesta di ingresso in questo paese. Credetemi la cosa è grossa e inevitabilmente condizionerà il lavoro dei media. Dal punto di vista dell’ufficialità, per il governo russo tutto è in regola in quanto nel mese di ottobre 2013 il primo ministro Medvedev ha firmato un decreto che impone un totale controllo su tutti i cellulari e su pc per atleti, tecnici, accompagnatori e anche membri di tutto il Comitato Olimpico e Paralimpico così come per tutta la commissione doping. Il decreto in questione parla poi di “particolari” soggetti che richiederanno più attenzione come le agenzie straniere di stampa e i giornalisti e fotografi accreditati. Quanto prospettato da questo decreto, pubblicato poi il 13 novembre sul giornale di partito Rossiiskaya Gazzett, ha ricevuto anche una replica dall’occidente scritta dalla giornalista russa Irina Borogan (che insieme al suo collega Andrei Soldatov parlano spesso di questi problemi in Russia sulla privacy e sulla libertà di stampa nel loro sito Angetura.ru). Irina Borogan quanto aveva da scrivere l’ha pubblicato in ottobre sul Guardian di Londra. Come risposta la Russia ha replicato con un articolo su La Voce di Russia (in lingua inglese) in cui dice che questi controlli sull’uso del telefono e sui pc e reti WiFi sono attuati per migliorare la sicurezza del giornalista stesso. Quindi non hanno negato che il controllo esiste. Ogni tipo di informazione verrà inserita in una banca dati appositamente realizzata e gestita dalla SORM che è il servizio di sicurezza nazionale insieme alla FSI. Tutto non terminerà con le Olimpiadi ma i dati verranno raccolti ed elaborati nei 3 anni a venire. Ad ogni scheda risulterà il nome del giornalista, con chi ha avuto contatti, per quanto tempo, con quale costo di internet sostenuto e chissà che altro ancora. La classica abitudine del giornalismo anglosassone di lavorare con l’aiuto di fonti per le notizie diventerà difficile. Impossibile mantenere e garantire l’anonimato della fonte. Peggio ancora se si volesse spaziare in ambito extra sportivo per voler incontrare persone legate ai movimenti di contestazione. In controtendenza con i problemi mondiali sull’occupazione pare che per la gestione di questo controllo, i controllori hanno dovuto assumere un buon numero di hacker occidentali per comprendere sempre, oltre alla lingua, anche particolari modalità di scrittura e sistemi di applicazioni poco usati in Russia. Non stupitevi quindi se qualcosa da voi visto in TV vi sembrerà degno di critica ma, al contrario, i giornalisti minimizzeranno o peggio ignoreranno l’accaduto. A Sochi possono coprire il ruolo di turisti-osservatori ma devono dimenticarsi di essere dei professionisti della comunicazione.

Sochi 2014: Kilt vietato

La notizia è bizzarra ma è stata riportata da molti giornali inglesi. Difficile, quasi impossibile, verificare quanto sia veritiera ma ha trovato sostegno con l’immensa critica internazionale sollevata dalle leggi russe contro l’omosessualità. Sembrerebbe quindi che il Governo russo abbia da tempo comunicato al Comitato Olimpico che non potrà approvare che degli atleti uomini, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi, possano sfilare con il gonnellino. La legge in tal senso in Russia parla chiaro imponendo il divieto di manifestare pubblicamente in forma di travestimento per gli uomini. Questa attenzione preventiva sull’abbigliamento è stata imposta per evitare che gli atleti scozzesi, con il kilt, ma anche gli atleti delle isole Fiji e di Samoa, con il lava-lava, avessero in mente di sfilare a Sochi indossando questo elemento della loro cultura.

Olimpiadi in TV qualcosa e non per tutti

Mancano poco più di 24 giorni all’inaugurazione delle Giochi Olimpici di Sochi 2014. Per gli appassionati italiani di curling non è una attesa particolarmente stressante perché sappiamo bene che l’Italia non ci sarà. Come sportivi però siamo come tutti molto interessati a seguire anche le altre discipline ma, cosa già avvenuta per Vancouver 2010, la televisione pubblica ha preferito rinunciare a questo servizio. Le ragioni sono risapute. Una richiesta di soldi esorbitante da parte del Comitato Olimpico che ha visto disponibile all’acquisto dei diritti Sky e non la nostra televisione di Stato. E dire che con la legge 8/99 dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, appunto nel 1999, si andava definire il diritto alla visione di questo evento. Però nel 2012 alla legge citata veniva apportata una modifica che permetteva ad aziende private di acquistare i diritti garantendo comunque alla RAI un pacchetto di 100 ore per offrire in chiaro a tutti almeno parte dell’evento Olimpico. Ma anche a questa seconda modifica di legge nel frattempo la nostra amata politica ha pensato bene di apportare ancora qualche ulteriore delega alla legge. Anche queste 100 ore di libero servizio non necessariamente devono essere ad appannaggio della Televisione di Stato ma eventualmente anche queste ad una televisione privata che abbia però almeno 80% di copertura del territorio nazionale. Nei mesi scorsi Sky ha quindi potuto aprire dei tavoli di trattativa commerciale per la vendita di queste 100 ore. In un primo momento per le reti Mediaset aveva dimostrato interesse Italia Uno che ha però preferito, all’ultimo, rinunciare. Il risultato finale sarà quindi una Olimpiade Invernale totalmente gestita da Sky con tutte le dirette e le 100 ore in chiaro sul suo canale Cielo. Alla Rai solo brevi sintesi degli eventi fondamentali trasmessi dalle ore 23 alle 24. In tutta la vicenda non ritengo che si debba dare un giudizio negativo verso queste televisioni private che fanno semplicemente il loro mestiere ma al Comitato Olimpico a mio avviso colpevole di organizzare un evento sociale mondiale per tutti per poi venderlo a caro prezzo alla visione di pochi.